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Don Carlo Zucchetti 1984/1987

 

La nota dominante che mi sento di segnalare per gli anni che vanno dal 1984 al 1987 è sicuramente quella del “protagonismo giovanile”.
C’era in oratorio un gruppo di giovani (16-20 anni) che aveva alle spalle una grossa gavetta di animazione oratoriana, ma che aveva anche la voglia di sperimentarsi al di fuori del perimetro dell’opera di Sesto, con le caratteristiche “avventurose” ed “entusiastiche” proprie dell’età che vivevano.
Su questa aspirazione e su queste peculiarità si è iniziato a lavorare.
Ci si è potuti concentrare su questo anche perché i due coadiutori presenti in quegli anni, Donato Galetta prima e il sig. Luigi Caluzzi poi, hanno garantito una presenza salesiana vigile, costante e premurosa per tutto quello che riguardava il cortile e l’ambito più propriamente “feriale”.

«Amate le cose che amano i giovani, perché i giovani amino le cose che amate voi», questa è dunque la frase che più caratterizza quel periodo; e se i giovani amavano “una birra” dopo una calda giornata estiva di animazione o dopo una due giorni di Campo-Sidamo, perché non concedersela insieme a loro, conversando con loro, dunque avendo tempo e occasione per sentirne e apprezzarne le aspirazioni o correggerne in quel contesto confidenziale/informale gli eccessi?    E se c’era la possibilità di avere qualche biglietto per San Siro (visto l’incarico di responsabile regionale PGS) perché non vivere con loro un momento di entusiasmo collettivo materiale fino alla corporeità, con regole ben diverse da quelle vissute in quello stesso luogo in un’atmosfera di intensa spiritualità come quella per le Veglie Missionarie? Quelle stesse veglie vissute a volte in un Duomo gremito e con i ragazzi abbarbicati ai confessionali come alle tribune dello stadio.
E se una dimensione fondamentale della formazione è quella dell’avventura perché non vivere appieno, in qualche modo “mitizzare”, esperienze di vacanza dopo il duro impegno dell’animazione estiva come quelle vissute nella “Selva” di Trapani (dove tra l’altro si finì a parlare di mafia con giovani locali e a visitare il luogo dell’attentato al giudice Palermo, in cui morirono una mamma e le sue due bambine), nel raid automobilistico coast-to-coast in Spagna o in quella (involontaria peraltro) dell’isolamento in alta Val Formazza con tanto di salvataggio in elicottero?
Certo, per vivere il protagonismo ha bisogno di “spazi”, non solo fisici, ma di responsabilità, di riconoscibilità, di agibilità!
Questo, in un ambiente come quello oratoriano, da sempre esposto al rischio di cristallizzare alcune funzioni di servizio fino a renderle riconoscibili in una persona, ha necessariamente portato a qualche momento di tensione e di avvicendamento, inevitabile ma pur sempre doloroso.
Siamo dunque arrivati alla completa autogestione da parte dei giovani di ogni evento oratoriano: dalle Grandi Vacanze alle Oratoriadi, dai Campi Scuola ai Campi Sidamo fino all’evento-clou che è stata un po’ la consacrazione di quel periodo: l’organizzazione e la gestione della Festa dei Giovani dell’MGS del 1987.
Come ogni pedagogia insegna, bisogna andare per gradi: i primi “esperimenti” furono l’organizzazione logistica dei rifornimento
per “l’ Andemm al Domm!”, la marcia delle Scuole Cattoliche che si tiene ogni anno in primavera. Per settimane le sale dell’oratorio erano invase da confezioni di biscotti, tetra pack di succhi di frutta, tovagliolini, pettorine alla fine tutto sul furgone e via verso la distribuzione.
Fu questo, molto semplicemente, il primo approccio verso “un’altra” esperienza rispetto all’Oratorio Rondinella. Diverse però  e di ben altro spessore ne seguirono.
La realtà nascente dell’MGS trovò sede per la prima Scuola Animatori proprio a Sesto e il gruppo di aderenti più numeroso, era questo.
Ci furono poi giovani di Sesto nei comitati dell’Ispettoria Salesiana per l’organizzazione dei convegni MGS e, soprattutto, dei preparativi per il Centenario della morte di don Bosco nel 1988.
Un altro elemento importante, decisivo e caratteristico di quegli anni fu l’apertura alla Missione: nasce il gruppo “Amici del Sidamo”, che fu per un lungo periodo il gruppo più numeroso fra i giovani.
Portò certamente la costanza all’impegno (attivo tutti i sabati con attività a Sesto o con la partecipazione ai campi di lavoro), la partenza per andare lontano (Dilla e Zway), obiettivo mitico per ogni giovane, l’incontro e il confronto con i gruppi delle altre case salesiane.
Un’esperienza talmente forte, questa, che ha portato nel tempo diversi giovani e alcune coppie provenienti da Sesto a fare la scelta di un impegno prolungato, se non definitivo in Etiopia.
L’attenzione per il povero però non può prescindere dalle persone che incontri; ecco perché si è sviluppato anche un gruppo, con un filone di attività rivolto ai poveri del Brasile, dell’Amazzonia, di Manaus, dove la congregazione salesiana ci ha chiamato a intervenire.
Ho già detto all’inizio che tutto questo è maturato in quegli anni in cui non si è mai lasciato da parte la “quotidianità” dell’Oratorio di Sesto. È stata questa una caratteristica, una peculiarità -direi-, per la quale occorre sicuramente rendere grazie.    Accanto infatti ai tanti giovani che hanno seguito questi itinerari di formazione e impegno ce ne sono infatti stati altrettanti che non hanno perso di vista “la loro seconda casa”. E questo è avvenuto, grazie ad una prova di straordinaria maturità.    C’è stato ,infatti, chi si è preso cura delle realtà e iniziative da organizzare e gestire: si contavano allora, solo come momenti forti: il Torneo Invernale e il Torneo Primaverile (di calcio, a squadre), il Palio di Maggio e le Oratoriadi (multidisciplinari, individuali e a squadre, a Rioni), le Grandi Vacanze, la Giornata dell’Amicizia il giovedì santo (che con l’attività sportiva del Torneo Volante coinvolgeva circa 600 tra bambini, ragazzi e giovani), il Torneo Serale (estivo, di calcio, per i più grandi).
Accanto a questo gruppo di animatori si realizzò anche un vero e proprio Gruppo Manutenzione (che aveva come referente il sig. Luigi Caluzzi), il quale si occupava di quei lavori, piccoli e grandi che rendevano accogliente, decoroso e sicuro l’oratorio.
Certamente una preoccupazione c’era: che queste tre aree di interesse e impegno non finissero per ignorarsi o addirittura ostacolarsi.
La nascita di gelosie, sospetti, preferenze avrebbe potuto compromettere tutto, o anche solo l’inaridirsi di uno di questi filoni avrebbe significato uno svilimento e impoverimento dell’offerta e del significato che il nostro ambiente si era costruito.  Ma questo non avvenne.
A esempio di ciò porto due esempi che, secondo me, sono un po’ il fiore all’occhiello.
In Occasione dei Campi Sidamo tenutisi a Sesto, tutti i gruppi dell’oratorio erano coinvolti; non si trattava dell’attività di alcuni. Tutti, per le loro mansioni e caratteristiche erano parte attiva: chi nell’organizzazione logistica degli spazi, nella gestione della cucina e nella sistemazione nelle famiglie, chi nell’organizzazione delle attività per i più piccoli (che comunque continuavano), con un surplus di attenzione verso la loro sicurezza visto l’andirivieni di mezzi e persone. Tutti poi partecipavano alle celebrazioni e alle serate di allegria e di testimonianza. In quei momenti la fede, l’impegno e l’esperienza erano davvero comuni a tutti.
La stessa modalità, che potrei definire la vera peculiarità di Sesto, fu adottata per la Festa dei Giovani del 1987. I bambini ebbero le loro giornate organizzate presso l’oratorio femminile, si organizzarono tutti gli eventi della Festa (da quelli giocosi alle celebrazioni liturgiche), dall’accoglienza al commiato di tutte le centinaia di giovani presenti.
Lascio per ultima la parte che riguarda la Spiritualità, non – ovviamente – perché sia la meno importante, ma perché, messa ora, dà la possibilità di far emergere nel suo vero significato il novero delle attività, delle esperienze e delle scelte esposte finora.
Protagonismo giovanile, dicevo all’inizio: e questo è stato. Un gruppo di 70 ragazzi e ragazze che si riunivano il sabato sera (il sabato sera!) per il loro incontro di formazione; che almeno quattro volte l’anno partiva per un week-end di ritiro spirituale dove (sia pure nella scanzonata allegria – e a volte baldoria – salesiana) la giornata era scandita dalle ore canoniche (lodi, ora media, messavespro, compieta), che due volte l’anno (fine agosto e fine dicembre) si ricaricava nei campi scuola per affrontare la realtà oratoriana e l’impegno.
Accanto a questo, vorrei però da ultimo ricordare un’ iniziativa, forse piccola quanto a “numeri” ma importante per significato: il terzo giovedì di ogni mese era dedicato ai “giovani per i giovani”: una volta l’Eucarestia, una volta un momento di testimonianza, una volta un dibattito, un’altra una riflessione guidata e altro ancora. Erano l’occasione per mettere in pratica quanto detto da Carlo Carretto: “non bisogna solo parlare ai giovani di Dio, ma anche parlare a Dio dei giovani”.
                                                                                                                                                                                                               Don Carlo

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